Chi non indossa la maschera (2014) 207x470 mm
“Quando la spontaneità si allontana dall’età dell’innocenza ecco l’aiuto a tutela della serena convivenza”.
(Anonimo)
Chi non indossa la maschera?
L'esistenza ci impone una maschera. La maschera è il conformismo, la regola sociale imposta, l’omologazione totale, il rifiuto del proprio io. La maschera è anche una difesa, una protezione, uno scudo. E' quasi una riflessione banale, ma è un fatto: ciascuno di noi ne porta una o più di una in relazione ai ruoli sociali che ricopre. Come per gli attori del passato che indossavano la maschera per interpretare un ruolo o un carattere, così anche noi la portiamo per impersonare una parte. L'etimologia latina del termine "maschera", come insegna Hannah Arendt svela e rivela il nesso antico tra la maschera e la persona:
"Persona, in ogni caso, definiva originariamente la maschera che ricopriva il volto «personale» dell’attore e serviva a indicare agli spettatori quale fosse il suo ruolo nel dramma. Nella maschera, imposta dal dramma, c’era però una vasta apertura, più o meno all’altezza della bocca, attraverso cui la voce dell’attore poteva passare e risuonare, nella sua nuda individualità. Ed è proprio da questo «risuonare attraverso» che deriva il termine persona: il verbo per-sonare, «risuonare attraverso», è quello dal quale deriva infatti il sostantivo persona, «maschera». [...] Noi tutti appariamo sempre sul grande palcoscenico del mondo venendovi riconosciuti per il ruolo che la professione ci assegna e prescrive, in quanto medici o avvocati, autori o editori, insegnanti o studenti, e così via. [...] In altre parole, il concetto di persona ci consente di vedere e capire – è questo il profitto che io qui tendo a trarne – che i ruoli e le maschere che il mondo ci assegna, e che noi dobbiamo accettare e perfino guadagnarci per prendere parte alla grande commedia del mondo, sono scambiabili. Non sono inalienabili, nel senso in cui si parla di «diritti inalienabili», non sono una maschera incollata al nostro volto, non sono tratti specifici del nostro io più intimo, nel senso in cui la voce della coscienza – come in molti ancora credono – può essere un tratto specifico della nostra anima".
(Jerome Kohn, Introduzione a Responsabilità e giudizio, Einaudi, 2004, p. XXVI).
Ogni persona, dunque, è costretta a portare una maschera? L'incisione di Roberta Pancera ci suggerisce il contrario: non tutti indossano una maschera. I bambini, prima di essere assimilati ed integrati nel sistema e stritolati dalle convenzioni, non la portano. Certo la maschera è lì, vicino a loro, come suggerisce l’immagine, pronta ad essere raccolta, osservata, adattata al viso ed infine indossata. Ma i bambini ancora non la indossano, e nemmeno sembra che la osservino. Le maschere sono raccolte a sinistra della composizione mentre le figure umane sono raggruppate quasi nella totalità nella parte destra, Questi due elementi, maschere e figure umane, solo in piccola misura si mescolano: sono due mondi che si toccano ma non si compenetrano fino in fondo anche se, ineludibilmente, in futuro lo faranno. Lo testimonia la maschera in primo piano reclinata che rappresenta l’elemento d’unione tra il gruppo di maschere e quello dei bambini. A ben vedere si scorge un frammento di viso anche nella parte sinistra della composizione, ma non è un volto di bambino: sembra piuttosto un volto di adulto nell’atto di togliersi la maschera nell’intento, forse, di ritornare bambino.
Nel frattempo questi sguardi ci fissano, lucidi, intuitivi ed indagatori, e sembrano completamente liberi da pregiudizi e sovrastrutture, sorprendentemente diretti, autentici, audaci. Sono sguardi che vogliono raccontare ciò che vedono e suggerire riflessioni inaspettate e profonde. Colpiscono soprattutto gli occhi dei bambini che guardano noi ed il nostro mondo di adulti del quale, le maschere, ne sono parte. E noi, allora, che osserviamo sia loro e sia le maschere . . . a cosa pensiamo?
— Lionello Anelli, dal catalogo ALI 2014 n° 15